Wednesday, September 27, 2006

Come fa il Brasile ad Esistere?

C’è una cosa che non riesco assolutamente a capire di questo Paese. Come fa a (r)esistere un Paese con delle contraddizioni sociali così assurde.

Sabato scorso sono uscito con Fernando e Humberto Nardiello, un nostro compagno carioca (di Rio) con una chiara discendenza napoletana, e siamo andati a casa di un nostro amico. Mentre prendevamo due pizze da Pizza Hut, ho parlato con Humberto, che mi ha spiegato che in Brasile ci sono in realtà quattro fasce sociali:
  1. I Milionari e multi-milionari: persone con reddito e stili di vita aldilà del concepibile (Stile Beverly Hills). Sono grandi imprenditori, politici corrotti, calciatori, cantanti, ecc. (pop≤1%)
  2. I Ricchi: persone con un ottimo reddito e condizioni di vita più che soddisfacenti (Stile World Class). Sono piccoli imprenditori, professionisti, dirigenti, impiegati di alto livello nelle multinazionali e grandi ditte, ecc. (pop=20%)
  3. Il Ceto Medio: persone con un reddito ditignoso. Sono impiegati, funzionari statali ecc. (pop=20%)
  4. I Poveri: persone con redditi bassissimi che vivono nelle favelas (Stile Africa). Sono venditori nella strada, portieri, domestiche, prostitute di basso livello, piccoli delinquenti ecc. (pop=60%)
La cosa che mi ha colpito è stato sentire parlare dei poveri; non che abbia sentito cose nuove, sono cose che tutti noi in fondo abbiamo già sentito, però è stato che sentirlo mentre aspettavamo da Pizza Hut, dopo esser stato quaranta giorni in Brasile, solo a contatto con la gente ricca, ecco, non te lo aspetti. Perchè i mondi sono così vicini, ma anche così distanti, e se vivi da ricco, potresti benissimo essere ad Amsterdam, a Phoenix, o a Hong Kong; hai tutti i negozi possibili immaginabili, tutti i servizi possibili, è pura World Class. Poi però scopri che la maggior parte della gente nella tua stessa città vive Stile Africa.

Quando la gente ti dice stile Africa, e io scrivo Stile Africa, è semplicemente perchè la vita è come in Africa. Nelle favelas, non c'è acqua corrente nelle case, talvolta non c'è elettricità, le strade non sono asfaltate, le case sono fatte di lamiera. Le persone sanno a malapena leggere e scrivere, lo Stato non entra nelle favelas, che sono sotto il controllo di boss della droga o simili (che stanno probabilmente nella classe Beverly Hills). La criminalità è altissima, il rischio di essere derubati, se ci si avvicina ad una favelas, diventa quasi una certezza; e spesso ci sono incursioni armate dell'esercito nelle favelas per combattere il commercio di droga. Gli abitanti delle favelas, spesso lavorano per la gente ricca o milionaria, come donne delle pulizie, come portieri dei palazzi, come badanti, come parcheggiatori e buttafuori nei locali, come camerieri eccetera, ma anche come operai nelle tante fabbriche della città. Oppure possono fare lavoretti meno legali, oppure stanno ai semafori vendendo le cose più inimmaginabili, o facendo spettacolini di ogni tipo. Spesso per andare sul posto di lavoro si fanno fino a due ore di pullman ad andare e due a tornare, se abitano lontani. Quello che noi abbiamo speso da Pizza Hut quella sera (13€ in tutto), queste persone lo spendono magari in un mese per mangiare.

A queste condizioni di vita assurde si lega il fattore razziale, infatti la correlazione tra il colore della pelle e la classe sociale è altissima. Se poi nasci in una favela, o sei molto bravo a calcio, come tutti i calciatori brasiliani che conosciamo ad eccezione di Kakà e di Leonardo (e per qualche ragione lo vedi subito che non sono nati in una favela), oppure nella favela ci muori, tu e i tuoi sei figli.

Ora quello che io assolutamente non capisco, è perchè queste persone non fanno una rivoluzione. Non è che penso che questo migliorerebbe le loro condizioni. Ci sono anche possibilità che alla fine peggiorino addirittura, o più probabilmente che rimangano uguali per loro e peggiori per i ricchi. Però di fronte a tanta ingiustizia non capisco come non faccia a venire la voglia di ribellarsi. In tutta onestà, non capisco veramente cosa li trattiene dal farlo. Se qualcuno ha qualche idea, mi scriva un commento, perchè io proprio non ci arrivo.
Il fatto sorprendente è che i poveri conoscono la vita dei ricchi nel più piccolo dettaglio, molto meglio di quanto i ricchi non conoscano la vita dei poveri; perchè i poveri sono presenti quasi in ogni momento, pubblico e privato, della vita di un ricco. Inoltre la fiducia nelle istituzione è pari a zero, perchè, anche con un presidente come Lula, nato da famiglia non certo ricca, e a parole molto vicino a loro, la situazione è cambiata pochissimo; e l'impressione è che questo governo e questa legislatura abbiano passato il tempo a rubare i soldi pubblici, più che a fare qualcosa di utile (nonostante questo, Lula dovrebbe stravincere domenica).

Ho provato a darmi qualche spiegazione, che però è ancora lontana dal convincermi. Inanzitutto, bisogna dire che il Brasile non conosce storie di rivoluzioni sanguinarie:
  • Questo è un Paese che si è liberato dal colonialismo senza che sia partito un colpo di pistola. Nello scorso secolo, si sono alternati colpi di stato, giunte militari fasicste, populiste, e governi democratici, e, a quanto ho capito, non ci sono mai state grandi violenze. Quindi questo è probabilmente un popolo molto tranquillo e non propenso alla ribellione.
  • Si aggiunge il fatto che la maggior parte degli abitanti delle favelas discendono dagli schiavi, e che siano quindi culturalmente o geneticamente abituati a subire senza ribellarsi.
  • Poi nella società brasiliana è molto importante la componente cattolica, che può portare le persone a subire le ingiustizie terrene, per guadagnarsi un posto in Paradiso.
Detto questo, io ancora non capisco cos'è che tiene insieme questo Paese, perchè non scatta la molla di una ribellione. Anche la tensione sociale, non è poi così alta; i ricchi hanno le case recintate, spesso col filo spinato, però in Africa mi ricordo spesso guardie armate, che qui si vedono comunque poco. In Cina dicono che la situazione sia simile, però in Cina il governo ha una paura blu di ribellione e di scioperi, e poi la Cina sta vivendo un ritmo di crescita che promette di allontanare la povertà per la maggior parte della popolazione nel giro di qualche decennio. Tutto questo in Brasile non accade.
Spero di riuscire a capire il collante sociale di questo Paese prima di andarmene, è come un ronzio nella mia testa che non riesco a levare.

Detto questo del Brasile, il fatto inquitante, è che questa società è anche una metafora della società globale. Noi viviamo in un mondo che è socialmente molto simile al Brasile, con un 20% di popolazione ricca, un 20% che vivacchia, e un 60% che sta molto male. Con i ricchi del mondo che comprano prodotti fatti dai poveri del mondo pagati pochissimo, e che solo per questa ragione possiamo permetterci di comprare. Poi qui il fatto è più eclatante, perchè i due mondi sono fisicamente molto vicini, però credo che la situzione sia molto simile.
Le differenze principali sono che forse i poveri del mondo non conoscono così bene il nostro stile di vita, anche se la televisione sta cambiando le cose. L'altro fatto, è che noi abbiamo i brothers marines a difendere il nostro stile di vita. E' brutto da dire, però credo che il benessere della nostra società si basi anche sulla superiorità militare americana, che ci difende dalle possibili minacce, e difende l'approvigionamento delle risorse globali, che servono per far funzionare la nostra società, e per soddisfare tutti i nostri vizi più assurdi. E' troppo facile criticare la guerra in Iraq, quando poi teniamo i riscaldamenti a ventotto gradi, o i condizionatori sempre accesi, e prendiamo la macchina ogni giorno.
Detto questo, può anche darsi che la resa dei conti arrivi prima per il villaggio globale, che per il Brasile. Certo è che se le cose non cambiano, una resa dei conti ci sarà, e ci sono buone probabilità che ne usciremo con le ossa rotte.

4 Comments:

Anonymous Anonymous said...

That's what I mean when I say that we are in the same conditions as before the French revolution and if we don't do something we'll finish on the scaffold like the French aristocrats...
Why don't they do anything? I think the reason you list are all good; in principle it can be because of lack of education, which make you think ù, and also because it's hard to think on an empty stomach.

Thu Sep 28, 05:14:00 AM  
Anonymous Anonymous said...

Bel pezzo, Stefano.
Le ragioni sono probabilmente culturali: sono abituati a vedere la vita in quel modo e non riescono ad immaginare una alternativa. Poi non hanno coscienza dei proprii diritti, chi tiha insegnato che hai diritti come tutti quando fin da piccolo hai subito ingiustizie e violenze e hai sempre visto la legge del più forte.
Comunque le tue domande sono molto intelligenti e anche l'analisi.
Papà

Fri Sep 29, 01:13:00 PM  
Blogger Dardo Rosso said...

Grazie dei commenti, anche se quello di Papà si capisce poco..
Volevo solo aggiungere che negli Stati Uniti anche temono una rivoluzione dei poveri, infatti ogni tanto c'è qualche scintilla, lì però cercano di tenerli a bada con l'American Dream, che in parte è anche vero. In Brasile è quasi inesistente..
Rispondendo alla mamma, qui non muiono di fame nonostante tutto.
Poi, storicamente, c'è mai stata una rivoluzione senza l'appoggio della borghesia, o senza che la situazione nel Paese si stesse deteriorando per via di una calamità (guerra, carestia..)? Forse no...

Fri Sep 29, 03:29:00 PM  
Anonymous Anonymous said...

ciao stefano...scusa ma non ho letto il tuo blog per un bel po' perche' non ho internet in casa, ma oggi mi e' arrivato il modem quindi dovrebbe cambiare la situazione. questo pezzo che hai scritto e' eccezionale e dato che io passo la mia vita a riflettere su queste cose ti posso dare i miei "2 cents" in proposito...innanzi tutto quando io sono arrivata in nicaragua sono rimasta sconvolta dal vedere quanto i poveri sappiano della vita dei ricchi e quanto poco sappiamo noi della loro. dovrebbe essere il contrario perche' noi abbiamo accesso a molte piu' fonti di informazione, ma da un lato preferiamo non vedere, e dall'altro la poverta' delle favelas non fa notizia quindi se ne sente parlare poco. perche' non fanno una rivoluzione? beh la mia risposta per ora (e spero di potertene dare una migliore alla fine dell'anno) e' sulle linee di quella di papa', e cioe' che la coscienza sociale e' un lusso dei ricchi (e' qualcosa che si impara quando si ha un livello di educazione molto alto, pensa al numero di americani che non votano), che per sapersi organizzare politicamente bisogna gia' vivere al di sopra della mera sussistenza altrimenti non si ha il tempo e la forza di farlo, che questa gente vive in una situazione di insicurezza (leggi:paura) paralizzante-delle gang, della polizia, dei criminali comuni, del non arrivare alla fine del mese, e dei loro stessi parenti, che non riescono a unirsi. inoltre in situazioni di poverta' estrema purtroppo spesso si crea competizione piu' che colaborazione perche' c'e' una competizione estrema per delle risorse scarsissime. negli anni '60 e' stato sviluppato il concetto di "culture of poverty" che definiva una serie di comportamenti tipici dei poveri per colpa dei quali questi rimanevano poveri. queste teorie sono poi state criticate moltissimo perche' si e' detto che incolpassero i poveri per la loro poverta', ma poi sono state riviste e riformulate dicendo che vivere secondo questa cultura della poverta' e' l'unico modo in cui ha senso vivere se si e' estremamente poveri. se cerchi troverai sicuramente informazioni su questo...la mamma mi ha detto che parti per un bellissimo viaggio, ora leggero' il resto del blog, comunque buon viaggio e ci sentiamo via skype quando torni. un bacio, erica.

Wed Oct 11, 08:05:00 AM  

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